Ein Akev

Dopo la visita di Avdat, la giornata prosegue con un trek verso Midreshet Ben Gurion passando per Ein Akev. Attraversiamo ampie zone del deserto in completa solitudine. Alle distese desertiche si alternano rocce levigate dal vento o dall’acqua. I paesaggi si susseguono in un continuo di collinette di vario colore.
Del cammino in se non c’è molto da raccontare, le foto descrivono meglio le emozioni provate.
Sul finire della nostro trek, arriviamo ad una tenta beduina. Una donna esce appena sente i nostri passi e ci invita a prendere un tè. Ci sediamo su un materasso e lei ci serve il tè dolce e speziato in 2 bicchierini piccoli di vetro, poi torna vicino al fuoco dove sta cucinando la majadra (un piatto a base di lenticchie e riso). Iniziamo a parlare e lei ci racconta che oggi non si è fermato quasi nessuno da lei, che la gente passa e non si ferma a salutare nemmeno il proprio vicino. ”Perché siamo tutti vicini e ci possiamo aiutare l’uno con l’altro. Invece nessuno si ferma. Poi ho visto voi due e ho capito subito che avete una bella anima, vi ho salutato e siete entrate”. Qui io la fermo e le racconto della prima volta che mi fermai in questa tenda, ben 7 anni prima nel giorno dell’indipendenza di Israele. Era aprile e con degli amici avevamo organizzato una gita a Ein Avdat, ma ci era stata sconsigliata perché il parco era pieno di gente. Il guardia parco ci ha quindi indirizzato verso un trek un po’ più impegnativo, ma con molta meno gente. Subito dopo una discesa, affrontiamo una salita ripida, che a causa delle temperature ormai estive, ci toglie tutte le energie. Arrivati al plateau, vediamo questa tenta beduina e ci fermiamo per riposarci all’ombra e per bere del tè. La donna ci racconta un poco della sua vita, dei suoi figli e del marito. Vivevano tutti nella capanna a fianco e lei si occupava dell’accoglienza nella tenta di gruppi di turisti, backpackers, famiglie di passaggio, offendo loro da bere, da mangiare, un posto dove dormire. Poi ci aveva raccontato di quanto fosse importante per lei la fratellanza tra i popoli. I beduini sono popoli nomadi, che vivono in capanne nel deserto da diverse generazioni. ”Ma quando suona la sirena, io mi alzo in piedi e rimango in silenzio per rispetto dei miei vicini”. La sirena di cui parla è quella che suona in tutto Israele durante il giorno della memoria della shoà e durante il giorno della memoria delle vittime di guerra (quest’ultimo cade proprio il giorno precedente il giorno dell’indipendenza, a ricordare chi ha combattuto per la difesa dello stato).
Tornando a oggi, ovviamente lei non si ricordava di me, chissà quante persone saranno passate di là negli ultimi 7 anni.
Ci racconta di aver cucinato tanto, ma in pochi si sono fermati. Le chiedo se possiamo prendere noi qualcosa da portare via, ma purtroppo non ha nessun contenitore da poterci dare. Noi d’altro canto non possiamo fermarci a mangiare li, perché avevamo ancora un po’ di strada per arrivare alla fermata dell’autobus prima dell’entrata dello shabbat. Ci prepara quindi 2 pite cotte al momento da portar via. Ci chiede di non riprenderle il volto perché nella loro coltura non è bene che una donna venga fotografata. Poi ci racconta tutta orgogliosa quando l’anno scorso a Yom Kippur la televisione è venuta fin li ad intervistarla. E’ molto contenta dell’avvenimento, mi chiede se avevo visto l’intervista in tv. Ma poi ci racconta che nonostante avesse un velo sul viso, la famiglia non ha approvato tutta questa sua intraprendenza.  Abbiamo parlato per un po’, poi ci ha chiesto il nostro nome e quando le dico il mio, le brillano gli occhi e inizia a ripeterlo. Poi mi dice che una volta era passata di li una ragazza con quel nome, che tra tutti le persone che erano passate di li, solo una aveva quel nome. Improvvisamente si è ricordata di me. Anche 7 anni prima il suono del mio nome aveva scatenato in lei una reazione simile e aveva iniziato a ripeterlo all’infinito. Non so cosa le ricordi il mio nome o se il mio nome per lei significhi qualcosa, sono 7 anni che me lo chiedo, chissà magari la prossima volta che passerò di li, lo scoprirò.
Per finire ci guarda negli occhi e ci dice ” voi non siete solo amiche, siete sorelle”.
Le chiediamo se possiamo farle una foto e sebbene prima sia un po’ riluttante, poi decide di indossare un velo che lascia intravedere solo gli occhi e scattiamo una foto di noi tre insieme. La foto non posso mostrarla, ma credo che questa sia la foto più bella che abbiamo di questo viaggio. Concordi Silvia?

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